Di Davide Dal Maso, CEO Avanzi
Qualche settimana fa ho intercettato una notizia su una pratica abbastanza corrente ma di cui non ero a conoscenza: ho appreso che, da un po’ di anni a questa parte, per prevenire i rischi di gelate tardive in primavera, in molte zone della Francia e dell’Italia centro settentrionale gli agricoltori riscaldano i vigneti. In pratica, posizionano tra i filari centinaia di bracieri.
Poiché questa operazione viene fatta di notte, quando le temperature sono più rigide, la vista delle colline illuminate dalle fiamme è piuttosto impressionante. Quello delle gelate tardive è un fenomeno che è aumentato considerevolmente in frequenza e intensità, dicono gli esperti, a causa dei cambiamenti climatici – non chiedetemi perché.
Il paradosso che mi ha colpito è che per contrastare un effetto dei cambiamenti climatici si adottano delle misure (la combustione) che in realtà li aggravano.
Ovviamente, la perdita del raccolto è una tragedia per un agricoltore e io capisco benissimo che chiunque farebbe di tutto per salvarlo (e salvarsi). Ma a me sembra che questo caso, che è pure molto particolare e probabilmente ha un’influenza insignificante sulle sorti dell’ecosistema, metta in evidenza la difficoltà di cogliere le enormi contraddizioni del sistema che abbiamo creato: arriviamo a riscaldare un ambiente aperto per difendere delle piante da anomalie atmosferiche che noi stessi (in senso lato) abbiamo causato e continuiamo ad alimentare attraverso comportamenti antinomici. Ma siamo talmente immersi in queste contraddizioni da non riconoscerle più come tali e a trovarle normali, nonostante la loro anormalità.
Così accettiamo che la COP28 sul clima sia stata organizzata e guidata dai Paesi produttori di petrolio – un po’ come se affidassimo al barista la gestione del percorso di recupero di un gruppo di alcolisti e salutassimo come un successo il fatto che arriviamo a dichiarare che, in fondo in fondo, sarebbe bene, prima o poi, iniziare a bere un po’ di meno.
Così arriviamo a non riconoscere più come una informazione degna della nostra attenzione il fatto che ogni settimana decine di persone muoiano annegate nel Mediterraneo, nel disperato tentativo di ricercare un presente e un futuro migliore.
La verità è che non vogliamo vedere (anzi, vogliamo non vedere) quello che è lì davanti a noi, nella sua plastica evidenza– e cioè l’insostenibilità del modello che abbiamo creato.
Però siccome questo modello è stato molto generoso con noi e ci ha dato tanto (benessere, sicurezza, libertà …), non lo vogliamo davvero superare. Sì, approviamo gli obiettivi globali di sostenibilità – ma poi non ci preoccupiamo di raggiungerli e quando ci si fa notare che invece dovremmo cambiare rotta, c’è sempre un buon motivo per non farlo proprio adesso o per pretendere che sia qualcun’altro a muoversi prima.
Insomma, la sensazione è che i nodi stiano venendo al pettine: ci stiamo rendendo conto che non basta parlare di sostenibilità, bisogna agirla; che non basta prefigurare il cambiamento, bisogna realizzarlo; che le cose non vanno solo dette, vanno anche fatte.
Il che richiede di uscire dall’area di comfort, di mettere in discussione posizioni e privilegi, di rischiare l’ignoto.
Noi [di Avanzi] non siamo migliori di altri. Nelle contraddizioni ci dibattiamo continuamente e non sempre troviamo soluzioni che ci soddisfano. Abbiamo inserito la parola “azioni” nel nostro payoff per ricordare, prima di tutto a noi stessi, che ci dobbiamo provare.
Buon 2024.