di Ilaria Pais, a|cube
L’evoluzione tecnologica degli ultimi anni, che tiene conto dei più recenti sviluppi dell’AI, ha dettato in modo sempre più marcato l’esigenza di vivere il superamento dei confini umani e di arrivare laddove si pensava impossibile. L’intelligenza artificiale offre un’opportunità unica per acquisire sapere: le fonti si moltiplicano, le informazioni si arricchiscono – mantenendoci vigili sulla veridicità dei dati assorbiti –, l’ambizione di raggiungere l’ignoto diventa sempre più incalzante.
Nel frattempo, le urgenze del mondo continuano ad urlare a gran voce la necessità di fermarsi, di ricucire distanze e di prendersi cura dell’altro. La necessità di riconoscere i limiti e di rispettarli è un atto di responsabilità e, ancor di più, è un atto di riattribuzione di valore a tutto ciò che per troppo tempo è stato inteso solo a corollario, e non parte fondamentale, del progresso umano.
CONIUGARE RAPIDITÀ E CURA: UN NUOVO PARADIGMA
Eppure, queste due tensioni, l’una della rapidità e l’altra della cura, sono solo apparentemente opposte e contrastanti. Al contrario, in un mondo che promuove e incentiva la ricerca di nuove soluzioni esse dovrebbero saper convergere, facendo dell’una la forza dell’altra.
La vera innovazione, infatti, non è altro che la capacità di scovare nuove strade inesplorate con l’accortezza di guardarsi sempre intorno, lungo il percorso, e considerare le conseguenze di ogni passo compiuto.
Da anni ci occupiamo di sviluppo di impresa innovativa, di organizzazione e startup ibride che sin dalla loro nascita o nel proprio percorso di crescita sono orientate a generare un significativo impatto sociale o ambientale che non sia un “add on” ai propri obiettivi di business, piuttosto parte integrante di essi.
UN CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA NEL PANORAMA ECONOMICO
Non sono organizzazioni speciali come si è creduto per molto tempo, laterali e in qualche modo diverse da quelle tradizionali. Sono oggi parte centrale del nostro tessuto economico, tanto che i più recenti numeri alla mano (rif. Report SIM – Le start-up a significativo impatto sociale e ambientale in Italia), provano che le organizzazioni che hanno ottenuto il riconoscimento di SIAVS (startup innovative a vocazione sociale) si stanno riducendo, lasciando spazio ad un’ampia crescita delle qualifiche e certificazioni (società benefit, B Corp) che allargano ancor di più il perimetro a organizzazioni che dimostrano, con criteri e adempimenti sempre più stringenti, di generare effettivi benefici sociali.
Sono proprio queste le tipologie di impresa innovativa che dovrebbero essere il miglior esempio di convergenza tra rapidità e cura, intendendo la rapidità come efficienza e automatizzazione di processi a basso valore aggiunto, con l’obiettivo di liberare tempo e spazio alla cura, che è dedizione e rispetto per i beni e i contesti con cui un’impresa ha a che fare.
Eppure, nell’accelerazione d’impresa a volte ci si scorda di questa missione.
Il mondo dell’innovazione è sempre più guidato da modelli che puntano alla crescita continua, che fanno della scalabilità e della replicabilità la loro forza, in alcuni casi trascurando le leve che la innescano.
PROFITTABILITÀ vs RESPONSABILITÀ COLLETTIVA
Non è raro che la dimensione della profittabilità – che significa raccolta di capitali, riconoscimento del mercato e superamento della concorrenza – non coincida con la responsabilità collettiva e, ancora di più, con la capacità di saper produrre effetti dal proprio business che siano comunemente riconosciuti e rigorosamente valutati come utili e benefici.
Abbiamo di fronte a noi un anno di grandi sfide per far sì che questo equilibrio si tenga. Un anno che, ancor più che i precedenti, deve saper fare i conti con una nuova forma di intelligenza digitale che deve essere correttamente orientata ai giusti scopi.
CON QUALI PASSAGGI?
Ed allora lavoriamo sugli obiettivi, sul linguaggio, sulle missioni e sugli sforzi comuni che decidiamo di fare.
a|cube partirà da questi:
Non inseguiamo il paradigma della startup innovativa quando non necessario. L’impresa sostenibile e ad impatto potrebbe assumere una forma di scalabilità; che non necessariamente è verticale e iperbolica come nel tradizionale modello di startup; piuttosto, orizzontale e profonda, radicata in contesti sociali specifici, legata ad una storia imprenditoriale che non vuole cedere le proprie origini e la propria missione.
Reinterpretiamo il concetto di “successo” utilizzando non solo la lente del mercato. Il guadagno dato da un progetto di impresa che genera impatto positivo non si misura solo con metriche di fatturato sempre crescente, ma con dati che mettano in luce la scelta di una sostenibilità; economica con tassi di crescita moderati, purchè accompagnata da apprezzamento sociale, da cura dei più deboli, dal rispetto delle risorse umane e naturali.
Ridisegniamo i perimetri geografici dell’innovazione. L’accentramento mediatico delle buone notizie e, appunto, di casi di successo solo in determinati poli dell’innovazione, spesso corrispondenti ad alcune grandi città italiane, allontana lo sguardo da quei territori che non solo hanno più bisogno di nuovi innesti di risorse e opportunità, ma che hanno anche le giuste chiavi interpretative e l’energia per valorizzarle.
Dotiamoci di strumenti che non confondano il numero dal valore. Spesso per giudicare il valore di un’impresa serve offrire una dimostrazione quantitativa degli effetti generati, cedendo ad un approccio algoritmico che non tiene conto delle molteplici dimensioni che toccano le attività di un’impresa. È importante dotarsi di nuovi strumenti che comunichino con una certa efficacia e semplicità i risultati ottenuti, restituendo allo stesso tempo la complessità che li rappresenta.
Partiamo da questi punti e facciamone dei buoni propositi; che sia un anno di grande impegno per una crescita del nostro Paese, sana e nella giusta direzione.
Per approfondire:
> a|podcast. Startup: come valutiamo l’impatto?
> La prima relazione di impatto di a|cube