di Claudio Calvaresi, principal a|place
Ho visto su Netflix “My octopus teacher”. Racconta di un uomo che, immergendosi nelle acque di Western Cape in Sudafrica, un giorno si imbatte in una piovra. Inizia a osservarla, mentre caccia o cerca rifugio dai predatori, rotola sul fondo, rapidamente si dilegua o si mimetizza nella foresta di alghe. Ne è incuriosito, perché quando le si avvicina – come dichiara all’inizio del documentario – percepisce che uomo e piovra, alieni l’un l’altra, possono essere però, per molti versi, simili.
La piovra gli indica le regole di comportamento da utilizzare in quell’ambiente: come abitarlo, come muovercisi; come procurarsi il cibo ed evitare di diventare pasto degli squali. Comprende inoltre che la piovra non sta semplicemente agendo nel suo ambiente, ma sta interagendo con lui. È mossa da curiosità nei suoi confronti: gli si avvicina, lo sfiora, ne percorre il corpo con le ventose dei suoi tentacoli.
Sono protagonisti di un’indagine: lui entra in relazione con l’ambiente attraverso di lei; lei lo esplora, perché desidera conoscere il nuovo arrivato e così integrare la mappa delle presenze sul fondale di kelp. I due si scambiano informazioni. Perfino cooperano: lui ad un certo punto si rende conto che la piovra lo sta utilizzando come aiuto nella cattura di un granchio. Dunque, lei si fida dell’uomo. Nella diversità, l’interazione può essere fertile. I due si cercano, investono l’un l’altra di una domanda di riconoscimento: chi sei tu? Attraverso l’altra, posso scoprire qualcosa in più di me stesso e della mia ricerca di senso. Dall’interazione con l’umano, la piovra può trarre beneficio.
Attraverso la sorpresa di un incontro, hanno costituito una temporanea comunità di apprendimento, dove i ruoli non sono fissi. Si insegna e si impara vicendevolmente. Certo, la piovra ha da insegnare di più, perché milioni di anni abitando quell’ambiente la hanno abilitata a trasmettere allo straniero la sua “conoscenza tacita”. Però l’uomo, proprio perché intruso, può essere una risorsa per lei; è una anomalia che le permette di sperimentare una nuova strategia di caccia. I due dunque si rispettano. La loro interazione è un win-win game in senso proprio, perché apprendono, giocando; e, attraverso il gioco, si scambiano vantaggi.
Sarebbe stato bello se l’interazione tra mio figlio e la sua maestra (che chiamerò con il nome di fantasia di Brunella) avesse avuto una natura analoga. È stato invece quanto di più distante si possa immaginare dai caratteri dello straordinario incontro tra l’uomo e la piovra: nessuna curiosità dell’una nei confronti dell’altro; impensabile, lo stabilirsi di giochi cooperativi; disconoscimento delle risorse dell’uno a fronte della affermazione (considerata incontrovertibile) che la fonte di conoscenza proviene da una parte sola. Il modello didattico è primitivo: una insegna, l’altro impara. La logica dell’indagine è esclusa e la diversità avversata. L’anomalia non è una risorsa, ma è catalogata come bisogno educativo speciale. Diversamente dalla piovra, che dall’anomalia si fa sorprendere e la esplora, la scuola redige il Piano Didattico Personalizzato, che in effetti spersonalizza il destinatario per salvaguardare il canone. Mentre la piovra, nell’incontro, mette al lavoro molteplici ricettori di informazioni (le sue numerose ventose sono altrettanti dispositivi di formazione della conoscenza e sono dunque forme di intelligenza distribuita), la scuola costringe la pluralità delle intelligenze dei bambini dentro procedure che può gestire. La piovra è attratta dalla complessità dell’uomo; la scuola teme la complessità dei bambini e la proceduralizza.
Però non sono un pedagogo. Non saprei come rendere Brunella più simile ad una piovra. Ho qualche idea invece circa l’ambiente di apprendimento, perché quello dove piovra e uomo interagiscono ha regole e meccanismi di funzionamento che possono essere di ispirazione per ridefinire lo spazio nel quale Brunella e i suoi scolari passano diverse ore insieme.
La foresta di alghe è un posto popolato. C’è una mobilità frenetica. Vi si affollano esseri diversi. A scuola le popolazioni sono invece di fatto solo due: chi insegna e chi impara. Affinché il meccanismo funzioni, occorre che tutti si comportino allo stesso modo: bisogna stare seduti e attenti, ascoltando quello che l’insegnante comunica.
Quando l’uomo si immerge nella acque di Western Cape è smarrito, perché è entrato in una ecologia che non è la sua. Non ne conosce le regole: la piovra lo rende partecipe. Lui si concentra sulle azioni che compie la piovra, ma guarda anche alla scena dove si svolgono, perché si rende conto che non potrebbe interpretarle (e dunque apprendere da esse) se non le collocasse in un ambiente. Anche l’ambiente della scuola è organizzato secondo regole che è bene seguire. In questo caso però esse non sono contingenti, esito dell’interazione tra gli attori che lo popolano, ma sono inerenti allo spazio dove le interazioni si svolgono ed esistono per guidarle.
Infatti la scuola è uno spazio normato, il cui mantenimento è affidato a prescrizioni e divieti: occorre rispettarli, ma l’adempimento è facilitato dal fatto che le regole sono uguali in tutte le scuole. La foresta di alghe è invece un ambiente cangiante, che costringe piovra, uomo e tutti gli esseri che lo abitano, a mutare costantemente: di posizione, di relazione con gli altri, di priorità da seguire. Le differenze sono esaltate: una foresta uniforme è impensabile. Le differenze, a scuola, non sono ben viste; l’uniformità è un risultato atteso, permette procedure standardizzate.
Per svolgere efficacemente la funzione dell’istruzione, la scuola ha definito un setting: c’è una cattedra con di fronte dei banchi. Non è permesso smarrirsi: nell’ambiente della piovra può andarne della vita; a scuola, ne va del voto di condotta. Però in questo secondo ambiente, è difficile mantenere l’attenzione, perché si è costretti a esercitarla solo verso l’insegnante, altrimenti si viene ripresi in quanto distratti; nel primo invece è costantemente sollecitata da molteplici segnali. L’ambiente è qui un dispositivo per l’apprendimento. Non offre soltanto la scena dove allestire il gioco dell’istruzione, vi partecipa, fornisce risorse all’apprendimento. L’uomo un giorno vi invita il figlio: vuole fargli conoscere la piovra e – suppongo –comunicargli, in situ, quello che lui stesso ha imparato. Il padre farà da mentore, il figlio sarà accolto.
La foresta di alghe non è una istituzione totale. È uno spazio poroso, come una città. Come in una città, semplicemente gironzolando, o fermi aspettando l’autobus, ci capita di essere sorpresi da una scena, da quello che accade. La sorpresa innesca l’apprendimento, che è integrato all’esperienza, è un prodotto della percezione o dell’azione, scrivevano Carr e Lynch chiedendosi Where learning happens.
Covid-19 ha fatto emergere la necessità di portare la scuola fuori dalla scuola, diversificare gli spazi, occupare il cinema o il teatro rimasti chiusi, l’immobile rimasto privo dell’uso precedente. Questo modo di procedere replica però lo stesso modello didattico oltre il confine del plesso scolastico, occupando la città. Non mi pare augurabile. Non è la città a doversi fare scuola, ma l’educazione a doversi articolare in percorsi plurali di apprendimento in cooperazione con gli spazi della città. Affrontare adeguatamente il nodo della scuola nella città post Covid-19 sollecita un’ipotesi più radicale, chiede un movimento a favore del trespassing e per la de-istituzionalizzazione dello spazio urbano.
Apprendere nell’interazione con la piovra vuol dire concepire l’educazione come una attività situata nello spazio, con dei collettivi – composti da umani e non umani – che formano il corpo insegnante. Per apprendere, occorre vedere (e vedersi) con gli occhi di una piovra. Aggiungo: occupandosi finalmente di educazione secondo questa prospettiva, possiamo affermare che essa è una politica spaziale e dunque conviene riguardarla e agirla con gli occhi della città.
Questo scritto fa parte di una riflessione promossa da Avanzi sull’educazione come politica urbana. Abbiamo organizzato conversazioni on line su questo tema, nell’ambito delle iniziative per il New European Bauhaus nei mesi di maggio e giugno: le registrazioni sono disponibili sulle nostre pagine Facebook e YouTube, mentre una pubblicazione a riguardo uscirà a breve.
Un mio contributo sullo stesso argomento è presente nel volume collettivo Scuola Sconfinata. Proposta per una rivoluzione educativa, Fondazione Feltrinelli, 2021, che sarà presentato giovedì 9 settembre alle 18.30 presso la sede della fondazione.