di Erica Melloni, Senior Manager a|change
La valutazione è un’attività di analisi critica che ha l’obiettivo di migliorare quello che si fa, attraverso un percorso strutturato di ragionamento, criteri espliciti di giudizio e la raccolta di evidenze. La valutazione di impatto è una forma di valutazione che pone particolare attenzione ai risultati di medio-lungo periodo – tipicamente di tipo economico, sociale e ambientale – di una iniziativa, siano essi intenzionali o inattesi, positivi o negativi.
Valutare serve per migliorare, per capire meglio la forma dei problemi e come affrontarli. Per fare valutazione serve una certa propensione a osservare e a porsi domande su quanto osservato: ad esempio, quello che abbiamo fatto è abbastanza? Come potremmo migliorare? Disporre di un mindset valutativo non è però sufficiente; servono metodi e tecnicalità, nonché la capacità di adattarli agli oggetti da valutare, alle domande e alle risorse a disposizione.
La valutazione spesso è identificata con la misurazione quantitativa: il ‘quanto’ è possibile osservare, generalmente in più o in meno rispetto al periodo precedente. Un adagio spesso citato da consulenti e attribuito a diversi autori afferma che si conosce solo quello che si può misurare (o in alternativa, che quel che non si può misurare non si può gestire).
Il favore rispetto alla misurazione è dovuto al potere sintetico e convenzionale dei numeri, e talvolta anche alla rassicurazione che essi offrono: i ‘numeri sono oggettivi’, spesso si dice, sottovalutando la loro funzione convenzionale. La valutazione è però qualcosa di più: è un processo di ricostruzione di senso e di revisione critica. Le metriche, ad esempio gli indicatori, sono gli strumenti, non lo scopo, del percorso valutativo.
Ecco dunque un decalogo per orientarsi nel percorso valutativo.
1.La valutazione deve sempre tendere al miglioramento
La valutazione deve sempre tendere al miglioramento. Salvo rari casi, i giudizi di valutazione devono essere accompagnati da un ‘e quindi’: ad esempio piani di miglioramento aziendale, scelte di proseguire, rafforzare o concludere un progetto, miglioramenti dei servizi erogati in risposta alle sollecitazioni degli utenti. Anche quando la valutazione serve a selezionare progetti o iniziative, dovrebbe svolgere la sua funzione esplicitando gli elementi qualificanti richiesti ai proponenti per indirizzarne la progettazione. Lo stesso vale per la valutazione individuale: l’obiettivo deve essere la costruzione di competenze e lo sviluppo di carriera, non certo la sanzione disciplinare. La valutazione come sanzione può invece generare comportamenti opportunistici, per evitare il discredito che potrebbe derivare da risultati inferiori alle attese.
2.La valutazione deve identificare i cambiamenti attesi
Dato che la nostra mente giudica essenzialmente in modo comparativo, per valutare è necessario definire e concordare le aspettative di ‘buon andamento’ dell’oggetto di valutazione. Quando possiamo dire che un’impresa sta funzionando bene o sta funzionando male? Quando possiamo dire che un progetto avrà successo? Quali vantaggi si otterranno e per chi? Quali costi (di tipo economico, ma anche sociale o ambientale) verranno sostenuti e da chi? La definizione delle aspettative di cambiamento è una operazione solo apparentemente banale. Costituisce, invece, il cuore di un percorso di valutazione, ed è indispensabile in particolare nelle iniziative più complesse e sfidanti.
3.Valutare per rafforzare le teorie
La valutazione ha anche il compito di verificare la tenuta della teoria del cambiamento: l’insieme di ipotesi per cui riteniamo che ‘se facciamo A, allora succederà B’. Ora, questo tipo di operazione (definire il cambiamento desiderato e attraverso quali passaggi si pensa di ottenerlo) ha evidentemente a che fare con la pianificazione strategica: per questo chi progetta o pianifica dovrebbe saper maneggiare un approccio di tipo valutativo. La valutazione infatti offre strumenti interpretativi indispensabili a verificare e rafforzare le strategie. La valutazione ha anche un potere trasformativo: la riflessione, soprattutto se condivisa con altri (colleghi, partner, stakeholder) sul tipo di cambiamento da ottenere, genera quasi sempre un miglioramento delle strategie, sia in termini di obiettivi (ad esempio, favorire l’inclusione delle fasce svantaggiate, o ridurre l’impatto sull’ambiente) sia delle modalità per raggiungerli.
4.Valutare l’implementazione
Sappiamo bene che ‘fare bene’ non si esaurisce nel ‘pianificare bene’. Tra fissare gli obiettivi e conseguire gli esiti c’è il lavoro delle persone, il rapporto con i partner, l’interesse di utenti e clienti, il trascorrere del tempo durante il quale possono avvenire trasformazioni repentine di contesto che cambiano sia i piani sia le possibilità di conseguirli (pensiamo al Covid-19, ma fuor di emergenza, ai cambiamenti dei soggetti incaricati di seguire un certo progetto). In letteratura si parla di implementation gap, il problema dell’implementazione. Una buona valutazione deve spiegare se il processo di trasformazione degli input in output e outcome è stato efficace, se è replicabile, se è sostenibile. Si tratta, in altre parole, di aprire la ‘black box’ citata dagli economisti e analizzare processi e meccanismi di attuazione. In questo modo la valutazione aiuterà a capire se i problemi eventualmente riscontrati siano ascrivibili alle trasformazioni nel contesto, alle scelte strategiche e operative o alla loro implementazione; oppure evidenziare i meriti e farne tesoro, valorizzando così le pratiche esemplari.
5.La valutazione deve essere aperta al contributo di stakeholder e cittadini
La valutazione deve inoltre contribuire a ridurre il più possibile l’autoreferenzialità e l’asimmetria informativa dei processi decisionali. I sistemi di total quality management, sia di organizzazioni pubbliche sia private, penalizzano le organizzazioni che non realizzano analisi rivolte ai propri clienti-utenti. La valutazione di impatto sociale, solo per citare un approccio, nasce per tenere conto degli effetti che i grandi progetti di sviluppo (ad esempio, una nuova autostrada) possono determinare sulle popolazioni locali spesso escluse dalla scelta di realizzare quell’opera. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero valutare i propri servizi in ottica partecipativa, ad esempio per semplificarne l’accesso e ridurne i costi. Una buona valutazione dovrebbe pertanto essere aperta all’esterno, per l’enorme potenziale informativo che questa apertura consente, oltre che per il contributo etico e democratico al riequilibrio di arene decisionali non rappresentative.
6.La valutazione deve concentrarsi su alcune più importanti domande
Definire le domande, i veri propri interrogativi a cui la valutazione deve rispondere è un’ottima regola per focalizzare l’attenzione sugli aspetti più importanti e non dissipare gli sforzi. Le domande di valutazione generalmente sono il frutto di una prima analisi delle informazioni a disposizione, e possono essere affinate nel tempo per affrontare nuovi temi ed interrogativi.
7.La valutazione deve basarsi su criteri espliciti, e concludersi con un giudizio
La valutazione si conclude con un giudizio. Senza la formulazione di un giudizio finale, siamo nel campo dell’analisi, non della valutazione. I giudizi devono però essere espressi sulla base di un metodo e di criteri espliciti, e cioè discutibili: devono poter essere oggetto di dibattito e eventuale critica. Senza la rappresentazione del metodo di valutazione e l’esplicitazione dei criteri di giudizio, siamo nel campo del libero arbitrio, non della valutazione.
8.La valutazione deve utilizzare metodi e strumenti adeguati, e in modo accorto
I metodi e gli strumenti di valutazione, però, variano in relazione all’oggetto da valutare. Le scelte tecnico-metodologiche possono fare una grande differenza rispetto alla qualità e solidità delle conclusioni valutative. Queste operazioni sono quelle che, più di altre, richiamano l’importanza della competenza specifica degli esperti. Una buona valutazione deve essere in grado di selezionare i metodi e gli strumenti più appropriati in relazione all’oggetto, al contesto e alla domanda di valutazione, nonché alle risorse a disposizione, ben sapendo che ogni strumento ha sia potenzialità sia limiti che devono essere attentamente considerati.
9.La valutazione deve creare conoscenza ed empowerment
La valutazione è, in definitiva, un formidabile strumento di costruzione di conoscenza condivisa. Dovrebbe essere utilizzata tutte le volte in cui vi siano margini di incertezza rispetto alla capacità delle scelte di affrontare determinati problemi. Dovrebbe inoltre essere utilizzata da tutte quelle persone interessate a migliorare il lavoro individuale e collettivo, alla costruzione di capacità e all’empowerment. I percorsi di autovalutazione sono particolarmente utili ai fini della crescita delle competenze, della costruzione dei gruppi e della condivisione degli obiettivi.
10.La valutazione deve essere comunicata
Per creare conoscenza ed empowerment, e soprattutto per comunicare le scelte che conseguono ad un processo di valutazione, questa deve essere comunicata. Per farlo, è possibile adottare percorsi di coinvolgimento attivo nella attività stessa di valutazione, come ad esempio gruppi di valutazione partecipativa, oppure tradurre le conclusioni valutative in messaggi adeguati ai diversi target della comunicazione. È sempre e comunque indispensabile curare il linguaggio, evitando gergo tecnico ed eccesso di acronimi, sintetizzare senza iper semplificare né generare opacità. Ad esempio, è importante inserire sempre le fonti delle informazioni utilizzate e specificare metodi e criteri adottati per la costruzione dei giudizi, per consentire a tutti di trarre le opportune conclusioni.