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Education as an urban policy: il filo rosso tra educazione e city making

Education as an urban policy: il filo rosso tra educazione e city making

di Cecilia Terrosi, junior consultant a|place | a|change

Il seguente testo nasce come riflessione successiva al terzo e ultimo appuntamento del ciclo di incontri “Costruire comunità di apprendimento: dialoghi tra scuola e città”. Le tre conversazioni, che costituiscono terreno di riflessione per una successiva fase di progettazione/co-creazione, pertengono alla cornice del New European Bauhaus e nel loro percorso hanno fatto emergere le molteplici sfaccettature e potenzialità insite nello stretto rapporto tra educazione e città.

Questo terzo incontro, che rappresenta una fusione e un approfondimento dei temi trattati nelle precedenti conversazioni, mette in relazione le potenzialità delle scuole come community hub aperti con la loro attitudine nel sostenere le capacità di aspirare in contesto urbano. Le esperienze presentate in questo incontro mostrano come re-immaginare la città, sia strutturalmente che socialmente, partendo dai contesti educativi, sia fondamentale per sostenere e ampliare le capacità di poter agire (capabilities*) di tutta la comunità, e non solo dei giovani.

Going Beyond Buildings, Going Beyond Schools

Riportando per un momento l’attenzione al tema lanciato dal New European Bauhaus, ossia going beyond buildings, questa ultima conversazione rappresenta il punto di convergenza per immaginare un’educazione che vada davvero oltre la scuola. Le testimonianze presentate mostrano, in modi diversi ma simili, come l’istituzione scolastica rappresenti un punto cardine di incontro e scambio con la comunità, e si ponga al centro di relazioni urbane sostenibili. Per rendere questa prospettiva possibile occorre immaginare una scuola che esca dalle proprie mura e, rispondendo alle esigenze a scala locale, muova i suoi passi nella città, accogliendo in sé la comunità.

«We want to bring the campus out in the neighborhood, but also the neighbourhood into the campus». Agnieszka Zajac, The Old Dockyards, Città di Ghent

Un esempio, rappresentato da questa citazione, ci viene portato dalla città di Ghent che, attraverso un importante progetto di riqualificazione degli Old Dockyards (storica area portuale della città in stato di abbandono), ha avviato un processo di co-progettazione urbana lenta, caratterizzata da un aggiustamento periodico degli interventi in funzione di nuove necessità emerse progressivamente. Al centro del progetto si situa un innovativo campus scolastico, accessibile alla comunità con attività educative e culturali per tutti, la cui struttura principale è costruita interamente con vetrate trasparenti. La scelta strutturale è stata immaginata così per accogliere lo sguardo esterno e mostrare al contempo le pratiche educative interne. Questa progettualità vede quindi l’abilitazione di una comunità educante che dialoga attorno ai temi del city making, partecipando alla riappropriazione e ri-significazione dei “neglected spaces”, agendo attivamente nella e sulla città.

«We need to do things in the city, we need to practice and enjoy the city after a very tough year. We are seeing how we are rediscovering our social space». Miguel Jaenicke, Vivero de Iniciativas Ciudadanas, Madrid

Seguendo questo spunto, proseguiamo verso Madrid dove attraverso l’iniziativa MARES si prova a costruire una diversa idea di città in piena collaborazione e ascolto dei suoi abitanti. Si parte infatti dal presupposto che per fare città sia necessario riscoprire i luoghi e le persone che li abitano costruendo alleanze locali. MARES rappresenta un innovativo progetto pilota di trasformazione urbana che attraverso una mappatura delle iniziative cittadine, abilita un network di economia sociale e solidale, la creazione di occupazione locale e la promozione di un altro modello di città fondato sul concetto delle learning communities. Le Comunità di Apprendimento Orientate alla Pratica (CAP) si basano sulle conoscenze e sulle esperienze dei loro membri per proporre soluzioni idonee ai bisogni ed interessi comunitari e diffondere conoscenza sulla realtà sociale. L’aspetto principale è dato dal fatto che non esistano educatori esperti, bensì soggetti capaci in diversi ambiti e che esistano al contempo diverse dimensioni di azione: quanto accomuna le comunità di apprendimento è il fatto di produrre qualcosa che trascenda la comunità, un heritage educante. L’educazione è dunque costruita nella e dalla comunità attraverso la pratica, sia essa sociale, economica o ambientale, dando il proprio apporto anche ai processi di city making.

«The citizens make the city». Annibale D’Elia, La Scuola dei Quartieri, Comune di Milano

Ci spostiamo ora a Milano, dove è stato intrapreso il progetto La Scuola dei Quartieri. Il progetto intende far nascere progetti e servizi, ideati e realizzati dai cittadini per migliorare la vita dei quartieri e cambiare le periferie, valorizzando l’energia, la creatività e l’intraprendenza degli abitanti. La Scuola dei Quartieri aiuta le persone che vogliono fare qualcosa di utile, nuovo e sostenibile per la città a muovere il primo passo, dando un supporto per trasformare le loro idee in progetti. L’obiettivo è insegnare alle persone comuni a progettare, non tanto come abilità in sé, bensì come meccanismo per far accadere le cose. Non si tratta quindi solo di fare formazione su diversi temi, ma anche di costruire una rete di capitale sociale e culturale che ampli le possibilità dei cittadini e che ne sostenga la capacità di aspirare.

City making per un abitare educante

Le testimonianze riportate ci mostrano soluzioni creative per affrontare la sfida di un’educazione beyond the schools che risponda alle sfide connesse alle disuguaglianze urbane, mostrandoci esperienze di respiro europeo che possiedono però nodi di contatto connessi da un comune filo rosso: la creazione di spazi educativi diffusi, non formali, aperti e inclusivi e dai confini porosi, attraverso strumenti come tactical, slow urbanism, o white spaces**. In questo senso è possibile richiamare a noi gli approcci della dwelling perspective, o prospettiva dell’abitare, teorizzata da Tim Ingold secondo cui le pratiche architettoniche dovrebbero partire dall’esperienza quotidiana degli spazi e dai modi in cui i soggetti scelgono di abitare e agire i luoghi. Partendo da questa idea è possibile immaginare spazi che siano realmente abilitanti e trasformativi.

«The forms of the landscape – like the identities and capacities of its human inhabitants – are not imposed upon a material substrate but rather emerge as condensations or crystallizations of activity within a relational field. As people, in the course of their everyday lives, make their way by foot around a familiar terrain, so its paths, textures and contours, variable through the seasons, are incorporated into their own embodied capacities of movement, awareness and response (…) these pedestrian movements thread a tangled network of personalized trails through the landscape itself (…) in a process that is continuous and never-ending». Tim Ingold, Culture on the Ground: The World Perceived Through the Feet

L’obiettivo finale è quindi fare e attivare comunità di apprendimento nella e con la città, co-costruendo e re-immaginando spazi sempre più educanti e abilitanti che prendano le mosse dai movimenti, dagli usi e dai bisogni degli abitanti stessi. Una città fondata dalle e sulle esperienze passate, presenti e future di chi la abita, che prenda le mosse dalla diversità e che sappia supportare la capacità di aspirare e le possibilità di azione dei suoi cittadini.

*Capabilities fa riferimento al Capabilities Approach, teorizzato nel 1980 da Amartya Sen e Martha Nussbaum. Si tratta di un approccio che sposta il focus dell’agire dalla “libertà” dei soggetti di raggiungere un certo obiettivo (responsabilità individuale), alla possibilità dei soggetti di raggiungerlo (Influenza strutturale). Possibilità e accessibilità rappresentano elementi fondamentali per comprendere le disuguaglianze e avviare processi virtuosi di cambiamento. “The core focus of the capability approach is on what individuals are able to do”.

**In questo contesto si fa riferimento al processo di creazione di spazi poli-funzionali e modulabili, che possano rispondere a molteplici sollecitazioni in funzione delle necessità locali e collettive.

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