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Imprese e Diritti Umani. Un sistema in movimento verso la Direttiva UE

La tutela e la promozione dei Diritti umani passa anche e soprattutto dalle imprese private, tra i maggiori generatori di valore – economico, ambientale e sociale – e di impatti, positivi e negativi, connessi alle loro attività.
Da qui è nata in Avanzi l’idea di promuovere un Osservatorio permanente sulle politiche e strategie delle imprese in materia di Diritti umani (OIIDU), che si impegna a monitorare la situazione nazionale, stilando un rapporto annuale che include approcci, criticità, buone pratiche e casi studio a partire dall’analisi di un campione di grandi società italiane, quotate e non.

La seconda edizione del Report, “Imprese e Diritti Umani. Un sistema in movimento verso la Direttiva UE”, sviluppato dal team dell’Osservatorio, raccoglie i contributi di Davide Dal Maso, Cristiana Carletti – Università Roma Tre, Eva Sacchi – Ipsos, Margherita Romanelli – WeWorld, Emiliano Giovine, Letizia Catalano – RP Legal & Tax, Fulvio Rossi – Avanzi – Sostenibilità per Azioni.

Rispetto alla prima edizione del 2023 è stato ampliato il campione di indagine, estendendolo da 28 a 50 grandi società italiane – di cui 40 quotate e 10 non quotate – e si è deciso di focalizzare il monitoraggio delle imprese sui seguenti fattori:

  • esistenza e contenuti di una politica sui diritti umani;
  • caratterizzazione del processo di due diligence (compresi meccanismi di segnalazione e reclamo) e la relativa applicazione alla catena di fornitura;
  • attività di rimedio;
  • gestione della formazione sul tema;
  • politica delle risorse umane su aspetti riconducibili ad alcuni diritti umani specifici come diversità, inclusione, equità e parità di genere.

I risultati della seconda edizione del Report sono stati presentati il 15 febbraio 2024, presso la Camera dei Deputati.

IMPRESA E DIRITTI UMANI: A CHE PUNTO SIAMO?

Davide dal Maso, CEO di Avanzi – Sostenibilità per Azioni

«Qualche segnale si intravvede. Sarà perché l’approvazione della direttiva sulla due diligence è imminente, sarà perché gli investitori cominciano a fare domande via via più pertinenti, sarà perché, in generale, l’importanza delle questioni di sostenibilità è sempre più percepita tra le imprese, il sistema si sta mettendo in moto».

L’indagine annuale dell’Osservatorio registra dei movimenti – ancora deboli, ma incoraggianti. La maggioranza degli indicatori che monitoriamo mostrano una tendenza positiva, sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi.

Possiamo quindi affermare che il tema dei diritti umani è entrato a pieno titolo nella conversazione della business community?

Probabilmente no, non ancora. Rimane un argomento ancora poco compreso nella sua complessità. Soprattutto, rimane radicato il pregiudizio che si tratti di un ‘problema’ che riguarda solo grandi imprese multinazionali, con una catena del valore lunga e articolata.
Molti, in particolare quanti operano in ambito prevalentemente domestico, si sentono esenti dalla responsabilità di considerarlo qualcosa che li riguarda da vicino.

Tuttavia, la sensazione è che l’inerzia stia per essere vinta. Il legislatore europeo, sia pure con alcune titubanze, ha lanciato dei messaggi molto chiari. Nonostante le critiche che arrivano dalle organizzazioni della società civile, la bozza di direttiva contiene alcune previsioni destinate a modificare profondamente le regole del gioco.

Le imprese – al solito, prima le grandi e poi, progressivamente, anche e altre – dovranno valutare il rischio di violazione dei diritti umani. Non, si badi, le conseguenze (economiche) della violazione, che è quello che potrebbe interessare, per esempio, ad un investitore, ma il rischio della violazione in senso proprio, a prescindere dai danni (economici) che ne possono derivare. Soprattutto, non sarà più ammesso trincerarsi dietro il paravento delle clausole contrattuali. Non basterà rimbalzare i problemi sui fornitori, occorrerà farsi carico, con loro, della soluzione.

Ancora più importante, la direttiva non guarda alle operations in Europa, ma si focalizza sui beni o sui servizi che ‘entrano’ in Europa, anche se prodotti fuori dall’Europa da soggetti non europei.
È un po’ come se si dicesse “se vuoi vendere qualcosa in Europa, devi assicurare che il prodotto o il servizio non incorpori un rischio di violazione dei diritti umani”. Un’affermazione molto forte, che porterà ad un impatto significativo su tutte le filiere. Non stupisce quindi che le imprese più lungimiranti si stiano attrezzando.

L’OIIDU, oltre all’attività di ricerca che il rapporto restituisce, svolge anche un lavoro di capacity building: un percorso di formazione e di mutuo apprendimento che coinvolge, in questo primo ciclo, una dozzina di imprese italiane.
Si tratta di un laboratorio di sperimentazione di grande interesse, in cui problemi e soluzioni vengono condivisi e affrontati in uno spirito di collaborazione. Una formula innovativa, che ci sembra abbia colto un bisogno diffuso e su cui si potrà costruire una piattaforma aperta a tutte le altre imprese che vorranno cominciare a riflettere e ad agire su questo fronte.

Per approfondire:

> Diritti Umani e impresa responsabile: un 2024 importante per l’Osservatorio di Avanzi
> Imprese e Diritti Umani: una fotografia italiana
> a|podcast presenta l’Osservatorio Italiano Imprese e Diritti Umani (OIIDU)

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