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Juventus F.C., Suarez e il purpose tradito

Corner

Lettera di uno stakeholder alla Juventus Football Club S.p.A

di Davide Zanoni

Caro Presidente,
eravamo ancora giovani ventenni quel giorno a Perugia, quando un diluvio, improvviso, ci ha rubato il destino di una vittoria meritata. Un dolore che noi tifosi conosciamo bene, profondo, quello che si prova al risveglio, quando il vuoto di una eliminazione in coppa o di una sconfitta importante ci toglie il primo respiro.
Oggi è uno di quei giorni. Il destino ci ha riportato a Perugia, ma questo risveglio è molto più doloroso, perché lascia in bocca il sapore amaro dello sdegno.
E quando mi capita di provare questi sentimenti, sento la voce di Gaber che mi risuona in testa, dando ritmo ai pensieri perché si organizzino a difesa dei valori e delle passioni in cui credo: l’etica e il calcio.

Io D.Z. sono nato e vivo a Milano e per fortuna o purtroppo sono uno stakeholder della Juventus. Un termine criptico, brutto, da addetti ai lavori che però in questo caso assume un significato chiarissimo. Io, in qualità di tifoso, vero, maniaco, sono lo stakeholder più rilevante della nostra società di calcio.

Non esiste affiliazione più forte, non c’è campagna di fidelizzazione e di pubblicità che possa ricreare quell’amore incondizionato (e anche un po’ imbarazzante ad una certa età) che si crea tra un tifoso e la propria squadra. Ma questo incondizionato amore va rispettato.
Abbiamo vissuto “Calciopoli”, condannato Moggi e sofferto in attesa del verdetto sportivo. E il giorno dopo la sentenza che sanciva illeciti sportivi gravissimi, io ho fatto la tessera in curva per la stagione in serie B. Non ero mai stato abbonato prima e non lo sarò mai più. Ma nella catarsi di quel post illecito, ho risentito finalmente l’amore per il calcio e per la nostra maglia, ripulita da sospetti e vergogne.
Non mi è piaciuto il modo in cui la società ha affrontato il post Calciopoli, continuare ad insistere con gli scudetti vinti sul campo. Ma che importa vantare uno scudetto in più se anche solo il dubbio di illeciti ne hanno macchiato il candido splendore? A chi interessa veramente vincere?

La società che Lei, Presidente, sta costruendo è un modello vincente di business che coniuga intrattenimento e sport, con un marketing aggressivo rivolto alla comunità di tifosi, con fatturati e costi crescenti sostenuti dall’indebitamento finanziario, con la quotazione in borsa, e perfino con bilanci sociali.

Se pur con risultati economico-finanziari altalenanti legati ai cicli di investimento, Lei ha saputo portare nel calcio italiano un’innovazione di prodotto e di modello organizzativo che rappresenta una vera rivoluzione: uno stadio, uno staff di eccellenza, una gestione manageriale, una squadra di campioni.
Tutto ha un senso e uno scopo, purpose si direbbe oggi. Ma è sicuro che il purpose della Juventus Football Club sia questo?

Per vincere serve fatturato. È vero. Per vincere servono campioni. È vero. Chi di noi non ha goduto al pensiero di vedere il “Pistolero Suarez” giocare accanto a CR7. Tutti volevamo Suarez, tutti vogliamo vincere.
E qui nasce il grande equivoco. Noi stakeholder tifosi vogliamo vincere, ma soprattutto vogliamo continuare ad amare il calcio e la nostra squadra. Perché quando l’amore per il calcio viene tradito da comportamenti eticamente deplorevoli, si tradisce il senso profondo di un club calcistico: combattere onestamente su un campo di pallone, 11 contro 11, guardandosi negli occhi, parlando la sola lingua che non richiede esami falsi, quella del pallone.

Non importa se la società e se i suoi dirigenti abbiano fatto pressioni o chiesto favori per ottenere quello che la legge non permette. Non importa quale sia il profilo giuridico, non conta la giustizia ordinaria, la giustizia sportiva o la gravità del reato. Qui stiamo parlando di etica e di responsabilità sociale di una Società per Azioni che vive grazie ad una comunità di tifosi che la sostengono.

Il purpose di una Società che vuole andare oltre l’intrattenimento sportivo dovrebbe essere la cura di quel senso di appartenenza, unico e non replicabile, che lega tutti i tifosi al proprio club.

La Juventus F.C. doveva chiarire per tempo ai propri tifosi prima ancora che ai propri azionisti l’accaduto, ammettendo con trasparenza le leggerezze e i rischi di un comportamento azzardato. Non farlo significa ammettere la propria colpevolezza “morale”, lasciando che un paese intero speculi sull’ennesimo furto della nostra squadra. E non c’è bilancio sociale che tenga, non c’è hashtag che possa ridare a tutti noi la certezza di credere in un club che sappia usare il calcio, l’industria del calcio, per un fine molto più alto dell’ennesima vittoria.
E allora…

Mi scusi Presidente
Non è per colpa mia
Ma questa nostra [Juve]
Non so che cosa sia
Può darsi che mi sbagli
Che sia una bella idea
Ma temo che diventi
Una brutta poesia.

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