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I DIRITTI UMANI NELLA FILIERA AGRO-ALIMENTARE: QUALE RUOLO PER LA GRANDE DISTRIBUZIONE?

Avanzi promuove l’Osservatorio Italiano Imprese e Diritti Umani (OIIDU), che si impegna a monitorare la situazione nazionale, stilando un rapporto annuale che fornisce un quadro aggiornato delle principali tendenze, normative e sfide, oltre a evidenziare buone pratiche e criticità nel percorso di adeguamento delle imprese agli standard internazionali.

L’edizione di questo anno è dedicata al ruolo dell’industria alimentare e della grande distribuzione organizzata (GDO) nel promuovere il rispetto dei diritti umani lungo le filiere produttive: dati, prospettive e leve di trasformazione in uno dei settori più strategici – e più critici dal punto di vista dei diritti umani – del nostro sistema produttivo.

Il Rapporto “I Diritti Umani nella filiera agro-alimentare: quale ruolo per la grande distribuzione?”, sviluppato dal team dell’Osservatorio, raccoglie i contributi di Laura Serbassi – Istat, Fulvio Rossi e Francesca Bongiovanni – Avanzi Sostenibilità per azioni, Giorgia Ceccarelli – Oxfam, Lucia Briamonte – CREA Research Centre for Agricultural Policies and Bioeconomy.

LA TERZA EDIZIONE DEL REPORT IMPRESA E DIRITTI UMANI

Davide dal Maso e Fulvio Rossi di Avanzi – Sostenibilità per Azioni

«Per la prima volta, l’oggetto del monitoraggio ha una connotazione settoriale: abbiamo scelto di indagare la filiera agro-alimentare, concentrando l’attenzione da un lato su alcune grandi imprese italiane produttrici di cibi e bevande – e sul loro approccio alla catena di fornitura delle materie prime fondamentali – e dall’altro su alcuni grandi protagonisti della grande distribuzione che rappresentano, per le imprese alimentari, uno dei principali – se non il più importante – canale di vendita dei prodotti e talvolta anche i committenti di prodotti a marca del distributore».

L’ obiettivo è di comprendere se, quanto e come le imprese agro-alimentari e delle GDO tengano in considerazione nelle loro politiche e procedure di acquisto i rischi di violazione dei diritti umani che caratterizzano le filiere, come quella in questione, in cui le materie prime vengono prodotte e raccolte con largo ricorso a manodopera non qualificata e talvolta situata in paesi o regioni in cui i diritti del lavoro non sono garantiti e sufficientemente tutelati.

La ragione del coinvolgimento delle grandi imprese di distribuzione è che, in quanto detentrici del rapporto diretto con i consumatori, hanno un potenziale di influenza a favore di scelte d’acquisto responsabili e sostenibili che appare oggi ancora poco o per nulla attivato.

A indirizzare il nostro sguardo verso il settore agro-alimentare hanno contribuito anche le evidenze emerse dalle indagini di WeWorld sulla raccolta del pomodoro, pubblicate lo scorso anno nel secondo Rapporto dell’OIIDU, che hanno messo in luce violazioni dei diritti umani in diverse regioni italiane.

Il contributo di Laura Serbassi che ospitiamo in questo Rapporto, dedicato a illustrare metodologia e risultati delle stime Istat sul lavoro irregolare, conferma la convinzione che la violazione dei diritti del lavoro sia una realtà che non riguarda solo le economie più povere ma anche l’Italia, sia pur con una tendenza alla graduale riduzione.
Guardando in particolare al lavoro dipendente presso le imprese, emerge come le misure del lavoro irregolare possano considerarsi, nel quadro di questo Rapporto, come indicatori di rischio di violazione: i più elevati tassi di irregolarità si riscontrino in agricoltura, nei servizi di alloggio e ristorazione, nelle costruzioni e – nell’ambito manifatturiero – proprio nel settore alimentare. Considerando i valori assoluti delle posizioni lavorative dipendenti irregolari, anche il commercio, il tessile-abbigliamento, la metallurgia e la produzione di mobili hanno posizioni di rilievo nella classifica del lavoro nero: indicazioni preziose per indirizzare eventuali futuri approfondimenti.

Il nostro monitoraggio mostra con chiarezza che la situazione della filiera agro-alimentare è caratterizzata – con qualche notevole eccezione, soprattutto tra le imprese alimentari le cui materie prime sono di provenienza tropicale – da notevoli carenze di politiche, di analisi dei rischi di violazione nella filiera, nonché di strumenti di mitigazione adeguati.
In molti casi l’italianità della filiera è assunta come sinonimo di assenza di rischio sui diritti umani, cosa che – come si è visto – non appare scontata in base alle statistiche ufficiali.
Per le imprese della GDO, il tema è oggetto di scarsa attenzione e comunque quasi esclusivamente in relazione ai prodotti a marca del distributore: l’attenzione alle filiere critiche è presente solo per eccezione e non emerge la volontà di contribuire a scelte più informate dei consumatori.

Alcuni tratti che emergono dal monitoraggio coincidono con quanto è stato messo in luce negli anni scorsi grazie ad alcune iniziative di Oxfam, di cui ci dà conto Giorgia Ceccarelli nel suo contributo.
In particolare, alcune indagini di Oxfam hanno rilevato una forte distanza tra un approccio ritenuto efficace nella prevenzione e mitigazione dei rischi di violazione e le pratiche effettivamente adottate dalle imprese della GDO, all’estero e in Italia.
Le “pagelle” costruite da Oxfam hanno innescato alcune reazioni positive da parte delle imprese di distribuzione, che hanno rafforzato la propria attenzione alle filiere critiche; il seguito è stato tuttavia assai limitato, soprattutto in Italia. In base alle interviste con le imprese alimentari, tuttavia, queste iniziative di pungolo da parte delle ONG e la ricerca di progetti congiunti tra GDO e imprese alimentari configurano un interessante terreno di sviluppo, anche in termini di veicolazione ai consumatori di comportamenti sostenibili delle imprese.

Il monitoraggio degli effettivi comportamenti illustrati dalle imprese nei propri report di sostenibilità segnala un altro elemento rilevante, soprattutto in chiave di possibili sviluppi futuri: la ricerca – a volte la definizione in proprio, modellata sulle specificità di settore – di riferimenti per l’impostazione di un approccio solido e coerente per gli acquisti sostenibili nella filiera critica. In questo senso, il Rapporto intende anche fornire l’occasione, grazie al contributo di Lucia Briamonte, per richiamare l’attenzione sulle Linee guida OCSE-FAO per catene di fornitura agricola responsabili.
Queste linee guida, elaborate come una specificazione – settoriale e con focalizzazione sulla catena di fornitura – delle linee guida OCSE per le imprese multinazionali, rappresentano un utile strumento operativo per identificare i diritti umani più rilevanti nelle filiere alimentari secondo un approccio risk-based, in piena assonanza con una corretta implementazione di processi di due diligence.
L’illustrazione di alcune buone pratiche effettivamente realizzate arricchisce il contributo di Briamonte, consentendo anche di evidenziare le principali lezioni apprese in fase applicativa.

Buona lettura!

Per approfondire:

> L’Osservatorio Italiano Imprese e Diritti Umani (OIIDU)
> Imprese e Diritti Umani. Un sistema in movimento verso la Direttiva UE
> Imprese e Diritti Umani: una fotografia italiana

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